[vc_row][vc_column][vc_custom_heading text=”Metodo Franciacorta: il tiraggio” font_container=”tag:h3|text_align:center”][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column width=”1/2″][vc_video link=”https://vimeo.com/829416183?share=copy”][/vc_column][vc_column width=”1/2″][vc_column_text]
Il metodo Franciacorta ben codificato nel disciplinare DOCG, genericamente per altri indicato come “classico”, impone procedure e norme da rispettare in modo rigoroso per elevarne la qualità.
Questo significa che per realizzare un Franciacorta è necessario seguire rigorosamente le norme previste: partendo dalla campagna (selezione vitigni), alla vendemmia (rigorosamente a mano), alle pigiature soffici (mosto fiore e poco altro) fino alle percentuali nella composizione dei vini che variano da un minimo a un massimo. Ad esempio, per la produzione di Franciacorta Rosè non è possibile utilizzare meno del 35% di Pinot Nero, non più del 50% di Pinot Bianco e non più de 10% del vitigno autoctono Erbamat.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_column_text]Dopo la vendemmia i mosti, con l’aggiunta di lieviti selezionati, sono suddivisi in vasche d’acciaio o barrique per la prima fermentazione. In primavera, arriva un momento cruciale per la produzione del Franciacorta, quello in cui si creano le cuveé. Partendo da vini base fermi, si uniscono mosti provenienti da diversi vitigni, vigneti e vendemmie.
Queste basi sono pronte per l’operazione del tiraggio, che consiste nel creare i presupposti per la seconda fermentazione in bottiglia che identifica il Franciacorta. La procedura prevede l’aggiunta di base energetica (zucchero solitamente di canna) e lieviti selezionati per la loro attitudine a rifermentare vini in condizioni non sempre ottimali.
Il vino così imbottigliato viene tappato ermeticamente con un tappo a corona dotato di uno speciale bicchierino di plastica (bidule) che ha la doppia funzione di aumentare la tenuta delle bollicine e di raccogliere i sedimenti che andranno a formarsi nel corso della fase successiva.
Una volta tappate, le bottiglie sono accatastate manualmente e messe a riposare in orizzontale per la seconda fermentazione, durante la quale i lieviti mangiano gli zuccheri e li trasformano in alcol e anidride carbonica (presa di spuma)
La CO2 prodotta rimane in bottiglia, formando così le tipiche bollicine. L’affinamento sui lieviti, che crea questa magia del Franciacorta, dura almeno 18 mesi.
Ma quanto zucchero si unisce alle cuveé durante il tiraggio?
Solitamente, per ogni litro di vino, 24 grammi di zucchero sono la giusta quantità, considerando che – durante la fermentazione – 4g/l di zucchero liberano una quantità di CO2 corrispondente a circa 1 bar: con questo quantitativo all’interno della bottiglia si sviluppa la giusta pressione per un Franciacorta, che può arrivare fino a 6 atmosfere alla temperatura di cantina (12-15° C).
Discorso parzialmente diverso per il Satèn, la cui pressione deve essere inferiore alle 5 atmosfere per mantenere in bocca la sensazione di morbidezza, di “setosità” e questo è possibile utilizzando 20 gr/lt di zucchero.
Risulta chiaro quindi che la fase di tiraggio è fondamentale per la buona riuscita della seconda fermentazione, per la presa di spuma, per il grado alcolico, anche: la fermentazione di 24 g/l di zucchero aggiunto in bottiglia, infatti, genera un aumento di circa 1,3% V/V.
Qui si crea, in buona sostanza, lo stile del vino finale.[/vc_column_text][/vc_column][/vc_row][vc_row][vc_column][vc_gallery interval=”3″ images=”41182,41194,41186,41190″ img_size=”full”][/vc_column][/vc_row]